lunedì 28 febbraio 2011

Tra Mare e Cielo - Laigueglia (SV) 27.02.2011

Web Album https://picasaweb.google.com/116060748355297972605/TraMareCielo27022011#




Prima edizione del Trail "Tra Mare e Cielo", a Laigueglia, in provincia di Savona, e prima gara del Circuito Trail dei Monti Liguri .
Prima nota da mettere in risalto: il ricavato di questo manifestazione sarò devoluto alla associazione Cresc.i. , onlus di Savona. Bravi!
Ci siamo decisi tardi ad iscriverci, solo una decina di giorni prima della data dell'evento, ed io, più di Federico e Antonio, avendo difficoltà con il bonifico on-line, non sono riuscito a farcela in tempo per rientrare nel numero massimo dei 200iscritti .. ma oltre la mia, tante altre richieste hanno "costretto" gli organizzatori ad aumentare il numero degli ammessi, così, ho effettuato il bonifico e inviato il certificato medico. Ma quando sono arrivato, pochi minuti prima della partenza, ho scoperto che non risultavo nella lista dei partecipanti... E va bè, mi sono detto: che mi frega di un pettorale? io la corro comunque, questa gara; mi son fatto tanti km per arrivare fin qui, figurati se in questa bella mattinata, che le previsioni meteo davan per piovosa, me ne sto fermo ad aspettare gli altri.
E così siam partiti, e son partito, dalla spiaggia, qualche centinaio di metri sulla sabbia prima di cominciare a salire su una di quelle tipiche toste scalinate che salgono le colline che danno sul mare, e poi finiscono su un singletrack ancora più in pendenza .. Ho sofferto parecchio, quella salita, più del normale, e poi, quando è terminata ed è inziato un tratto corribile, soffrivo ancora, e percepivo un certo "formichio" alla pianta del piede, una perdita di sensibilità del piede.. Ho pensato così di allentare l'allacciatura, ma non è passato; ho continuato a correre, e quella sensazione di insensibilità persisteva.. poi ho pensato ai "calf guard", li ho abbassati e ho notato che avevano lasciato il segno della cucitura sulla pelle: stringevano troppo!! impedivano quindi una corretta circolazione!  li ho abbassati completamente sulle caviglie, e sostato un po, e ho ripreso a correre. Sembrava meglio, ma più aumentavo il ritmo e lo sforzo, più quella sensazione aumentava di nuovo, quindi mi sono fermato e li ho tolti completamente, pensando che forse stavano comunque stringendo intorno alla caviglia; sono stato fermo aspettando che la sensibilità ritornasse e ho ripreso a correre, finalmente senza accusare che quel fastidio tornasse. Tenevo un buon ritmo, e soprattutto quelle discese dal fondo sassoso, molto irregolari e insidiose, le ho affrontate lasciando andare le gambe, correndo al massimo della mia possibilità, divertendomi parecchio, completamente sicuro dell'appoggio datomi dalle mie INOV X-TALON 190.
Ho fatto tante foto, putroppo la luce del sole, basso nel cielo, e la rifrazione dovuta alle acque del mare, non erano le migliori condizioni di luce per apprezzare pienamente il paesaggio, e tante foto non sono venute bene. Le colline di questo versante Ligure sono molto brulle, e pochi sono i tratti di percorso coperti da una fitta vegetazione boschiva. Qualche pozza di fango ogni tanto, su un percorso che non presentava tratti particolarmente fangosi o scivolosi.








Tornando alla gare voglio citare il giudizio col quale concordo pienamente, di Fabio Menino, che ho conosciuto ieri al Pasta Party (molto graditi i 4 tipi di primi serviti ..), postato sul Forum di DistancePlus

"Percorso: Voto 8 - Continui cambi di ritmo, prima salita ripida spacca gambe, panorami dall’alto veramente unici. Io ho patito alcuni tratti di asfalto, ma questa è una mia deformazione mentale. Discese impegnative con molte pietre. Sicuramente un percorso appagante. Primo e ultimo km e mezzo sulla sabbia.
Baliaggio: Voto 10 - Semplicemente perfetto. Fatto prevalentemente con segnali sul terreno. Essenziale ed efficace. Mentre correvo pensavo tra me e me che sarebbe stato impossibile sbagliare strada. E invece no, è successo ad Andrea Vipiana quando era in 5° posizione. E’ arrivato fino all’autostrada allungando di circa 10 km. All’arrivo è stata una caricata unica da parte di tutti nei suoi confronti. Andrea ha ammesso che l'errore è unicamente da impitare a se stesso.
Assistenza in corsa: Voto 10 - presenti volontari in tutti gli incroci. Sinceramente penso di non avere mai visto un coinvolgimento di volontari simile in nessun’altra corsa.
Ristori: io non mi sono fermato, posso solo commentare quello finale con pranzo annesso. Ottimo a detta di tutti.
Cordialità e ospitalità: Voto 10 e lode. Sia alla partenza che in corsa. "


Unico cosa che aggiungerei a questo giudizio, di ordine puramente "estetico",  è il fatto di non aver gradito il dover ripetere, nell'ultimo tratto del percorso, un sentiero su cui eravamo passati all'inzio; penso che quei tre chilometri in meno che si sarebbero potuti evitare non avrebbero tolto niente alla gara;  io, libero da ogni responsabilità etica di concorrente,  poichè non figurava la mia presenza tra gli iscritti che avrebbero fatto la classifica, ho preferito tagliare e appostarmi per fare foto a chi non avrei altrimenti mai incontrato, soprattutto alla fine, dopo la bellissima e divertente discesa finale che riportava alla spiaggia, e infine al traguardo.



Federico sulla spiaggia, poco prima del traguardo



Le mie INOV8  X-TALON 190



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mercoledì 23 febbraio 2011

IL TE’ VERDE: UN MITO

IL TE’ VERDE: UN MITO

Il tè nasce dalle foglie della Camellia sinensis ; quando sentiamo parlare di tè Jasmin, di Ceylon, Darjeeling, non dobbiamo pensare che si tratti di piante diverse : cambia solo il luogo di produzione e l’aromatizzazione. Nemmeno tè verde e tè nero vengono da piante diverse.
Quello che beviamo normalmente in Occidente è il tè nero: le foglie, dopo essere state raccolte, sono scaldate all’aria per un giorno, arrotolate e fatte fermentare in luoghi umidi (un processo che fa perdere gran parte dei principi attivi della pianta).
Se invece le stesse foglie, appena raccolte, vengono “lavate” a vapore e subito seccate per impedirne la fermentazione, si ottiene il tè verde. Grazie a questa lavorazione al loro interno rimangono maggiori quantità di catechine ed altri polifenoli (I componenti più attivi e salutari) e si perde un po’ di teina (o caffeina). Il tè verde, insomma, è un concentrato di sostanze preziose, nonostante il sapore un po’ differente da quello “classico” non lo renda apprezzato come il tè nero.
Per mantenerne inalterati I principi attivi, pero', bisogna saperlo preparare correttamente: metterne un paio di grammi sul fondo della tazza, e riempirla con una parte di acqua fredda ed una di acqua calda. L’acqua bollente, infatti, deteriora le foglie di tè verde. Dopo averlo lasciato in infusione per due-quattro minuti, filtrarlo, aggiungere eventualmente limone e zucchero, ma ricordarsi di non aggiungere latte, perchè proprio la caseina del latte rischia di neutralizzare I polifenoli, le componenti più benefiche del tè verde.
In Giappone il tè (rigorosamente verde: quello nero, considerato di bassa qualità, è di solito riservato agli occidentali) è la bevanda nazionale. E in questo paese c’è una situazione che ha stupito I ricercatori di tutto il mondo, un “paradosso nipponico”: perchè I giapponesi, tra I più forti fumatori al mondo, si ammalano meno che altrove di tumore al polmone? Perchè bevono tè verde. Cosi' l’interesse degli oncologi per questa antica bevanda, è cresciuto a dismisura.
Certo, non bisogna lasciarsi trascinare dall’entusiasmo. Quante volte si è sentito parlare di sostanze anticancro che dopo pochi mesi erano già finite nel dimenticatoio? Ma per il tè verde non dovrebbe essere cosi'. I primi studi importanti risalgono a più di dieci anni fa. E ormai sono decine le ricerche pubblicate su riviste a prova di dubbio: da Jama, il Journal of American Medical Association, a Lancet, dal British Medical Journal al Japan Journal of Clinical Oncology. Ricerche che hanno dimostrato come in molti casi le sostanze contenute nel tè verde rallentano o bloccano la trasformazione delle cellule sane in tumori, la loro cresciota e diffusione, e lo sviluppo dei vasi sanguigni che nutrono la massa tumorale. Il merito è soprattutto dell’Egcg (il nome per esteso è epigallocatechina-3-gallato), un polifenolo presente nel tè verde (25%) molto più che in quello nero (che ne ha solo il 4%).
Quali tumori previene? Praticamente tutti: mammella, polmoni, esofago. Contrasta anche il melanoma e un tumore maschile come quello alla prostata.
E il cuore? Il tè verde tratta bene anche il nostro muscolo più importante. Contiene numerosi flavonoidi, sostanze antiossidanti che ci proteggono dall’infarto. Non solo. Il colesterolo e I trigliceridi presenti nel sangue, che quando sono in eccesso si depositano sulle pareti delle arterie e aprono la strada ai disturbi cardiocircolatori, nei forti bevitori di tè non sono un problema. In generale, con due tazze al giorno si riduce il rischio di aterosclerosi del 50%.
Gli antiossidanti presenti nel tè verde (I flavonoidi di cui abbiamo appena parlato e soprattutto le catechine) combattono anche I radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento dell’organismo e della pelle in particolare. Ma il bello è che sono molto più attivi degli antiossidanti contenuti in qualsiasi altro alimento: secondo ricerche compiute da alcune università americane, le catechine del tè verde hanno un’efficacia 20 volte superiore a quella della vitamina E e sono addirittura 100 volte più attive della vitamina C.
Ma non basta. Il tè verde ha la capacità di migliorare la flora batterica intestinale; infine dà una mano a dimagrire, perchè aumenta la velocità con cui l’organismo brucia I suoi grassi. L’ università di Ginevra ha scoperto che I suoi estratti fanno salire in maniera significativa (4%) il consumo giornaliero di calorie. Questo effetto non dipende solo, come si potrebbe pensare, dalla teina o caffeina contenuta nel tè ( che pure viene inserita in molti farmaci dimagranti proprio perchè accelera il metabolismo), ma è dato ancora una volta dalle preziose catechine, che aumentano la termogenesi: il nostro corpo produce più calore e, percio', brucia più grassi. Senza provocare alcun effetto negativo a carico del cuore e del sistema nervoso.

sabato 19 febbraio 2011

Calzino INOV8 PROSOC



Il calzino PROSOC della INOV8 è fatto al 70% di Coolax, 20% di cotone, 5% di Polyamide e 5% di Elastane. Viene venduto in una confezione contenente due paia di calzini di differente colore e disegno. Al tatto sono morbiti e sembrano più "gonfi" di quanto poi risultano una volta calzati, si distendono intorno al piede, senza punti di comrpessione, senza cuciture, effettivamente confortevoli, tant'è che stamani li ho messi ai piedi per provarli, con l'intenzione di "sentire" come "funzionano"; ma sarà stata la bella mattinata, sarà stato che, nonostante un po di senso di fatica, sono riuscito a correre molto bene, meglio di quanto mi aspettassi , il solito giro di allenamento; che, una volta tornato a casa e tolte le scarpe, mi sono ricordato di avere messo ai piedi questo paio di calzini! Il sole si è fatto sentire e io, ho sudato, il giusto; di solito, il calzino che uso (kalneji) risulta bagnato; il Prosoc, invece, risultava appena umido, confermando quindi le presunte capacità di traspirazione espresse sulla confezione dei calzini.
Ottimo calzino.
Acquistato in taglie M (per piede con taglia 40-43) presso http://www.startfitness.co.uk/

Caccia di persistenza



Caccia di persistenza : come la capacità di ultramaratoneta dell'essere umano abbia permesso la sua sopravvivenza ed evoluzione

lunedì 14 febbraio 2011

127 ORE



Un film che piacerà a tutti i trailrunners..

http://it.wikipedia.org/wiki/127_ore

Bellissima la scena della auto intervista-processo, in cui Aaron, intrappolato nel canyon da giorni e senza speranza di ricevere soccorso, si immagina ospite di una trasmissione, a rispondere a delle domande:

Aaron: Sono una specie di super-erore, posso fare tutto per conto mio, capisci?
Aaron intervistatore: Ora, è vero che nonostante il fatto, o proprio perchè sei un fottuo eroe, non hai detto a nessuno dove andavi?
Aaron: Merda, hai perfettamente ragione.. :s
Aaron: A nessuno.. ?
Aaron intervistatore: Oops...

domenica 13 febbraio 2011

KALENJI KAPTEREN AW



Questa è la descrizione ufficiale del prodotto:

"Ideato per  Il runner che pratica il trail anche quando piove, su strade e sentieri  con piccoli dislivelli.(+ uscite/settimana).

Con la scarpa KAPTEREN AW mantenete i piedi all'asciutto grazie alla sua membrana impermeabile. Soddisferà tutti i runner regolari ed intensivi che corrono nella natura su terreni bagnati e scivolosi."

Rundiamo le ha comprate, visto il considerevole sconto, correndo il rischio, comprando una scarpa di cui non aveva alcun parere. E stamani le ha provate, venendo con me sui sentieri delle 3 gobbe del Monferrato. Sentieri molto pietrosi. Una pietra molto dura e per niente porosa. E oggi pioveva. Quindi le ideali condizioni per un test approfondito..

Le rocce bagnate hanno reso difficile soprattutto i tratti in discesa, dove sicuramente queste scarpe soddisfano tutti i runner che corrono su questi tipi di terreno, e che amano scivolare.... Si, perchè Rundi, in quei pochi metri di discesa che ha tentato di correre, è scivolato un paio di volte e ha desistito dal correre...  Pochi chilometri per decidere quindi che queste scarpe non sono proprio adatte ad essere usate sul bagnato, e saranno destinate alle giornate secche.



giovedì 10 febbraio 2011

Calze compressive FAI-DA-Te

Uso quotidianamente i BV Sport Pro-Recup, così come i BV Sport Booster. Esistono anche altri produttori d abbigliamento che offrono articoli compressivi per performance e recupero. Hanno una loro effettiva utilità, e naturalmente, un loro costo... SI può risparmiare qualcosa comprando lotti in offerta su internet, oppure si può trovare una soluzione un po artigianale fai-da-te, ma lo stesso efficace, e molto più economica.

In fin dei conti, come ha detto mia madre quando ha visto la prima volte le calze BV Pro-recup, saggiandone la consistenza, “questa non è altro che la calza della nonna”.

A differenza di quanto pensavo, la calza della nonna però non è cosi facile da trovare, e una volta trovata, ci sono un po di problemi relativi alla taglia: di sicuro è più piccola di quanto occorre, e se questo può essere un bene, per quanto riguarda la comprensione nella zona polpaccio, risulta essere piccola, troppo piccola e costringente sul piede, impedendo una corretta circolazione sanguigna...

Si può trovare una soluzione alternativa acquistando un paio di calzettoni da calcio, di quelli che si trovano a meno di 10euro, di un paio di taglie inferiori della normale taglia indossata. Questi calzettoni, oltre a presentare un'estesa fascia elastica reggente situata al bordo superiore, che permette sostegno senza strozzare il polpaccio e senza impedire una corretta circolazione del sangue, sono dotati anche di un'altra zona elasticizzata nella zona della caviglia, mentre la zona mediana tra le due è di tessuto “rigido”. Vista la taglia ridotta, la zona del piede risulterà troppo stretta... Basta eliminarla usando una macchina taglie-e-cuci, tagliando al margine inferiore o della fascia elastica nella zona della caviglia. A quel punto rimarrà solo un gambale che risulterà rigidamente comprensivo in zona polpaccio e tibia, e più “rilassato” nella zona sopra la caviglia e sopra il polpaccio, permettendo un normale flusso sanguigno.

Questo gambale poi, a seconda della taglia scelta, più o meno piccola, più o meno comprensiva (a seconda del personale percezione), può essere usato sia durante la performance, sia per recupero e relax: il gambale ottenuto può essere utilizzato sotto un normale calzino (magari corto) senza comportare i problemi conseguenti all'indossare un doppio strato all'interno di una scarpa ...






domenica 6 febbraio 2011

INOV8 X-TALON 190

Dopo aver scoperto, con le Helly Hansen Trail Lizard,  il piacere di correre con una scarpa leggera e priva di conchiglia al tallone e di puntale (sostituiti dalla presenza di una “griglia” di gomma protettiva) ho deciso di fare il passo successivo, comprare la scarpa da trailrunning più estrema in commercio: le Inov8 X-Talon 190. 


Estrema per quanto riguarda la leggerezza: 190 sta appunto ad indicare il peso di ogni singola scarpa. Estrema per quanto riguarda lo spessore dell'intersuola, e lo spessore del differenziale tra tallone e avampiade: 3mm. E' appunto catalogata come “1 arrow”, il minimo,  secondo il metodo usato dalla Inov8 per indicare le caratteristiche di ammortizazione delle proprie scarpe.

Senza puntale, senza conchiglia. Leggerissima. Quando le ho calzate mi sembrava di avere un paio di pantofole, ai piedi. Una volta allacciate, contengono bene il piede,e il collarino, imbottito, avvolge bene la caviglia. Il puntale è ricoperto da una sostanza  che, più che per fini protettivi, serve a proteggere il mesh contro l'usura.

L'intersuola è fatta da una gomma molto morbida, al tatto sembra gommapane, mentre la suola è fatta di un materiale dall'aspetto lucido,  ruvido e oleoso al tatto, ricoperta di tasselli molto alti, a prima vista, molto adatti per percorsi campestri.

Le ho indossate per percorrere i sentier i che portano sul Monferrato, Monte di Mezzo e Monte Piccolo, dal fondo pietroso: i sassi si sentono tutti. Alcuni tipi di scarpe, adottano,  oltre a intersuole ammortizzanti, delle strutture protettive sotto al collo del piede per proteggere control 'l"intrusione" di sassi o radici: qui queste sofisticatezze sono assenti, si monta sui sassi, sulle radici, si sente ogni sporgenza del terreno, il piede che si adatta ad ogni disconnessione. Contatto diretto coln la superficie.

Correndo in salita, l'elasticità della scarpa permette quella che è per me la giusta "torsione" del piede, caricando l'avampiede, senza poggiare mai col tallone sul terreno, mantenendo sempre una posizione elastica della gamba, permettendo un passo sempre slanciato. L'esatto contrario di quanto mi succede con le Hooka, dove si ha un appoggio plantigrado che porta sempre a caricare sui tendini, affaticando. 

Correndo in discesa, si è portati ad andare al massimo: l'intersuola della scarpa garantisce elasticità e reattività, "senso" del fondo, e la suola scolpita da sempre sicurezza di completo appoggio e tenuta.

Non si perde mai stabilità su fondi pietrosi, sassosi, di argilla friabrile o di fango. Grip eccezzionale in ogni situazione.








sabato 5 febbraio 2011

HOKA ONE ONE





Aggiornamento del 5 Febbraio 2011

Oggi ho rimesso ai piedi le Hoka per affrontare un percorso innevato. Putroppo la neve, caduta una settimana fa, a causa del freddo, ha creato uno strato ghiacciato in superficie che cedeva ad ogni passo facendo sprofondare anche fino all'altezza del ginocchio, e solo in rari punti, proprio dove la neve non superava quei 10 centimetri di spessore, si poteva correre su un fondo morbido ed elastico.
Comunque le Hoka si sono comportate abbastanza bene, per quanto sia difficile dilo, in quanto solo su brevi tratti ho potuto veramente correre... la superficie larga del battistrada e il suo taglio faceva ben presa sul fondo, eccetto su uno strato ghiacciato in lieve discesa, formatosi sull'asflato mentre scendevo verso Tobbianella, fondo dove sono scivolato al primo passo.... Probabilmente ci sarei scivolato con qualsiasi altro tipo di scarpa!
Per quanto sprofondassi nella neve, spesso ricoprendo il piede di neve, bagnando completamente i piedi, non ho mai sofferto una sensazione di freddo o pesantezza, l'umidità in eccesso veniva espulsa dalla scarpa.











8 Settembre 2010

Finalmente ho un paio di HOKA ONE ONE, acquistate presso KRAKATOA SPORT
Per quanto "ingombranti" non pesano tanto, calzano bene, sono comode.

Bene, per la mia prima uscita con le HOKA ho scelte un percorso breve ma intenso, quello delle 3 Gobbe del Monferrato
http://www.everytrail.com/view_trip.php?trip_id=91901
una piccola skyrace, per quanto riguarda il fondo del sentiero (oggi bagnato, ha piovuto), che non permette mai di trovare un “passo”, dove ogni volta devi stare attento a dove metter i piedi, soprattutto nella discese in singletrack, invase di ciottoli, radici sporgenti, aghi di pino e erba bagnata, nonché rovi!!!

Come lo ho calzate, ho apprezzato subito la comodità e la stabilità che la tomaia da al piede: la linguetta è provvista di occhielli in cui passano i lacci, contribuendo quindi alla stabilità della struttura del mesh, a maglia fine e di spessore molto fino. L'altezza della tomaia, e a sua ampiezza, si sente sotto il piede, e non trasmette il contatto con le asperità, assorbendole come fosse una spugna. Questo mi è risultato un po strano, abituato, come sono negli ultimi tempi, ad indossare le Fivefingers o correre trail con le mie preferite s Helly Hansen Trail Lizard, scarpe minimaliste, poco ammortizzanti ma molto elastiche, reattive.
Quindi sono partito, un po titubante, percorrendo qui trecento metri in piano su sterrato prima di cominciare sa salire.
La prima salita, a freddo, mette a dura prova, è molto intensa. Per la prima volta, salendo, ho avuto la sensazione di sovraccarico al collo del piede: la scarpa, con quella suola così alta, e il battistrada piatto, rigido,senza “ponte” mediano, non è affatto elastica, non mi dava l'appoggio giusto per attaccare il fondo con l'avanpiede, come ultimamente ho imparato a fare grazie all'uso delle fivefinger, (con le quali sto praticando, a piccole dosi, anche sentieri off-road, per rafforzare il piede) ma mi costringeva a posare a terra rollando con tutto il piede, dalla punta al tallone, facendo sì che lo stinco chiudesse di più sul piede nel momento dell'appoggio-carico di spinta. Effetto che, dopo la prima tirata in salita, non si è fatto più risentire: un sovraccarico che non ha avuto conseguenze negative, anzi, uno di quei momenti che se ripetuti, in dosi misurate, potrebbe comunque migliorare certi aspetti della muscolatura, del passo, e anche rafforzare la zona lombare: si, perchè anche li, durante quella salita, si è sentito quel sovraccarico dovuto alla postura conseguente al tipo di appoggio. Questa situazione non si è ripresentato nelle successive due salite, in quanto più brevi.
Durante le discese ho apprezzato la tenuta e la capacità di assorbire, oltre le asperità, anche quegli ”atterraggi” quando ho dovuto saltare un ostacolo, piuttosto che passarci lentamente sopra... Nonostante il fondo bagnato non sono mai scivolato. Ma la poca confidenza con la scarpa, e anche le condizioni bagnate del terreno, non mi hanno permesso di godermi questi tratti come mi capitava di solito.
Nell'unico tratto di discesa corribile, fondo di strada bianca, non sono riuscito a lasciar andare le gambe, a correre “a tutta”, e anche nell'ultimo tratto in piano successivo a questa discesa, non sono riuscito a correre sciolto, ad accelerare, a cambiare ritmo della frequenza o lunghezza del passo: forse sono le mie modeste capacità di runner, ma ho l'impressione che queste scarpe non amino la corsa in pianura.

I lacci sono molto grossi e rigidi, bagnandosi, il nodo, seppur doppio, si è sciolto.

Pe quanto si siano completamente bagnate (sia per contatto con l'erba umida dalla pioggia che invadeva i tratti di single track, sia perchè pioveva sulla seconda gobba , non ho mai avverito una sensazione di piede "inzuppatto".