martedì 27 settembre 2011

Merrel Trail Glove

La Trail Glove è la calzatura con la quale Merrel interpreta la filosofia del “barefoot running”, i cui benefici, ci ricordano, sono quelli di stimolare il piede e il corpo, in modo da riallineare una naturale bio-meccanica del passo e rinforzare i muscoli e i tendini. Naturalmente Merrel avverte che occorre gradualità per ottenere risultati soddisfacenti e progressi salutari.



La Trail Glove si presenta come una scarpa dal look “normale”, quasi elegante, assomigliando molto a certe scarpe da passeggio estive. La tomaia è costituito da un mesh leggero e traspirante, trattato con la tecnologia antimicrobica Aegis shield. La parte interna, nella zona del tallone, e per tutta la linguetta, è rivestita con un materiale che al tatto sembra panno, molto morbido e antisfregamento. Questo permette di non dover indossare calzini. Naturalmente, proprio perchè progettata “barefoot”, questa scarpa manca di conchiglia al tallone. Comunque, grazie a un rinforzo di tipo sintetico che ha funzione contenitiva, e al meccanismo di allacciatura, collarino e talloniera vestono bene il piede.
L'allacciatura è di tipo tradizionale – ha i lacci - ma è articolata : gli occhielli non sono posti sui bordi della tomaia,  sono arretrati, e costituiscono la parte estrema di alcuni inserti in materiale plastico che hanno il compito di rinforzare la tenuta laterale del piede. Gli occhielli sono collegati tra loro da strisce in tessuto che , internamente, funzionano da tiranti dei due margini della tomaia, passando sopra la linguetta imbottita; mentre sulla superficie esterna , costituiscono le sole in cui passa il laccio. Questo sistema garantisce un ottima tenuta del piede e  permette di non avere punti di pressione sulla linguetta dovuti ai lanci, in quanto la loro sezione è rotonda, mentre queste strisce di tessuto sono piatte e distribuiscono in modo uniforme la tensione.  Gli ultimi due occhielli sono anellini metallici posti sul bordo del collarino, ma il secondo non è coperto dalla linguetta, per quanto possa essere lontano dal contatto con il piede, proprio per quel minimo  spessore creato dal collarino li vicino.
La zona dell'avampiede è ben progettata, spaziosa, e protettiva: il puntale si estende  dal  punto dove è alloggiato il mignolo, fino al punto in cui iniziano le falangi dell'alluce, composto da un rivestimento plastico sagomato seguendo quella che è la meccanica delle torsioni del piede, risultando meno profondo la dove potrebbe creare inutile rigidità, e creare tensioni che alla lunga produrrebbero effetti di usura al materiale stesso della protezione, e smagliature del mesh.



Il complesso suola-intersuola è progettato dalla Vibram.
L'intersuola è costituita da un guscio di materiale eva morbido che segue conformazione del piede ed ha una funzione “assorbente” (preferisco questa dicitura ad “ammortizzante”) degli urti. Lo spessore in zona tallone è di 4 millimetri, mentre sull'avampiede è di 1mm. La suola è molto scolpita, in modo articolato, e nella zona del puntale è più spessa (compensa quei 3mm di differenziale dell'intersuola), ed ha anche funzione protettiva. I tasselli risultano essere abbastanza rigidi, e nelle varie zone della pianta, hanno un disegno con esposizione mirata a portare grip nel senso delle forze che agiscono nel momento dell'appoggio: così sono molto inclinati, rispetto alla longitudinale del piede, sulla parte esterna della pianta, per garantire maggior presa negli appoggi laterali. Da notare poi che nella zona delle falangi, la scolpitura è più bassa rispetto alle altre zone, a formare un vuoto che asseconda la meccanica dell'appoggio, garantendo maggior elasticità nella rullata.


Ho provato questa scarpa negli ultimi giorni, ci ho percorso 80km su strada, su strada bianca, su sentiero sterrato con fondo di tufo bianco tipico della Val Talloria, attraversandone i vigneti, tra i quali quelli della Fontana Fredda; su sentieri singletrack dal fondo sassoso tipico delle montagne della Val Bisenzio, attraversando i terreni delle cave di ferro; sui sentieri che iniziano già a ricoprirsi delle foglie d'autunno. Ed in condizioni di fondo bagnato.




Ho trovato la scarpa differente dalle altre rinomate scarpe barefoot, le 5Fingers, già da fermo, e camminando in piano: non sembra di poggiare sul tallone, anche da fermo, per quanto sia dichiarato una differenziale pari a 0 tra tallone e avampiede; camminando sembra che l'avampiede sia leggermente rialzato, l'appoggio avviene sulla parte vicina all'arco del piede, e questo porta a compiere una rullata che coinvolge solo l'avanpiede; questa impostazione comporta una migliore meccanica durante la corsa, in quanto carica meno il peso sulle dita dei piedi, cosa che si apprezza ancor di più in discesa, sia quando si può correre fluidamente su asfalto, anche nei tratti con molta pendenza; sia su tratti di discesa anche tecnici, dove permette un ottimo e sicuro appoggio, sempre e solo sull'avampiede, senza mai coinvolgere la zona del tallone, in un gesto molto più simile al saltellare che al correre.



La protezione all'avampiede permette una corsa rilassata a livello mentale, nel senso che non occorre far troppa attenzione dove si appoggia il piede; ci si sente sempre ben protetti; meglio ancora se si prende una taglia non troppo stretta: io che porto un 43, ho preso taglia 44, che lascia un po di spazio libero alle dita, (giusto quei 3 millimetri in zona alluce, mezzo centimetro verso il mignolo) e permette alla struttura protettiva di assorbire eventuali scontri contro sassi e radici, evitando che il colpo raggiunga le dita.
Grazie al meccanismo di allacciatura e alla conformazione della talloniera, la scarpa non “scivola” mai via sotto il piede, in senso trasversale, durante repentini spostamenti di direzione, o appoggi laterali nelle discese. L'appoggio al terreno  risulta essere sempre sicuro grazie anche alle caratteristiche della suola, e il piede non soffre della conformazione del fondo (la distanza massima percorsa in un unica uscita è stata di 24km). Il tallone non ha mai subito shock dovuti alla pressione di sassi, di quelli piccoli e appuntiti che si trovano per strade bianche o tratturi.

Insomma, questa scarpa può essere considerata come il modello più adatto per un primo approccio al barefoot, soprattutto orientato verso l'off-road, e il trail puro.




Ritorno su un commento di Pedro, sul Forum di Spirito Trail:

"Bocciate invece decisamente sulle discese più tecniche e sassose, dove l'attenzione a dove si mette il piede penalizza fortemente la velocità. E quando ho cercato di lasciarmi andare sono atterrato su un sasso direttamente con l'arco plantare... Ora zoppico e il piede fa piuttosto male  :(
Altri problemi da evidenziare non ci sono. Si è confermata la comodità della scarpa, che però rimane, a mio parere, una scarpa da allenamento (anche su asfalto) o per trail facili, senza tratti troppo tecnici."

E' vero, occorre fare attenzione, e rallentare, per evitare atterraggi che possono compromettere il piede, atterraggi che altrimenti, con scarpe ammortizzanti ai piedi, non creerebbero problemi.
Non la chiamerei "bocciatura", ma una necessaria conseguenza di un certo approccio alla corsa, con i suoi pregi e difetti.




lunedì 19 settembre 2011

1° TROI DEI CIMBRI, 18.09.2011 Fregona (TV)

Alle 6 del mattino, nella piazza di Fregona, incitati dallo speaker Alex Geronazzo, più di 400 atleti con le lampade frontali accese, si sono avviati lungo la strada e e puoi sui sentieri ancora avvolti nel buio, di una mattina calda e col cielo coperto, ma non minaccioso.



La sera prima , uno spettacolo pirotecnico di lampi aveva a lungo illuminato le nuvole in alto, con un tuonare incessante che sembrava il rombare di migliaia di harleydavison .. non prometteva certo bene, per la mattina successiva... E le previsioni meteo erano chiare: pioggia pioggia pioggia.. Eppure, sulla linea di partenza, i volti erano rilassati e allegri. Questa è gente che pioggia e grandine e tempesta non gli fa paura. Si parte scendendo su asfalto per poi imboccare il sentiero che dopo un paio di chilometri  ci porta ad attraversare le grotte del Cansiglio



Ruperzio sulla passerella all'interno delle Grotte del Cansiglio



Oltrepassate le grotte, si attraversa la strada , si attraversa un piccolo borgo, e poi s'imbocca la via che ci porta al sentiero della salita  al Pizzoc: una salita che sale progressivamente, e solo in alcuni e brevi punti diventa dura. Corribile per chi ha ha nelle gambe poi anche la capacità e consapevolezza di poter correre gli altri 45km che portato alla fine del percorso gara.. Per cui, quelli come me, misurando le proprie forze per coprire la distanza, l'affrontano camminando di buon passo, risparmiando forze ed energie, per correre poi quei restanti 45 km che dal Pizzoc proseguono senza particolari dislivelli da affrontare, se non la possibile fatica di tratti molto fangosi all'interno della foresta del Cansiglio. Peccato però che dalle nuvole sopra le nostre inizia a cadere una pioggia che da leggerina si trasforma piano piano, fino a diventare grandine. E mentre salgo, cerco di guardare intorno, in cielo, per vedere qualche spiraglio di luce, una speranza che sia una spruzzata passeggera, perchè mi annoiava un po il pensiero di dover percorrere tutto il tragitto sopra la pioggia. E invece solo nubi e nebbia. Ma quello che più mi impensieriva, erano quei lampi sopra le nostre teste... E con questa preoccupazione, alla fine termine il salitone, e non sono affatto provato, e gioisco finalmente di poter iniziare a far girare le gambe, corricchiare un po. Ma questa gioia finisce presto, che come arrivo al ristoro del Pizzoc, ci dicono che la gare è stata fermata, a causa proprio del pericolo lampi. La cosa non mi meraviglia. Decisione giusta.  E così ci ripariamo nel rifugio. Ci dicono che sarebbero venute a prendere i concorrenti delle navette bus. Ma io dico: perchè aspettare il bus? se c'è una strada per scendere percorribile dal bus, perchè non ce la facciamo a piedi?



e così con Emilio Marco, Mirko, Ederedd, Joana, Ruperzio, Natalina, Gabri  ed altri facciamo un gruppetto e inziamo a scendere lungo la strada, chiediamo informazioni ad un passante in macchina che ci spiega dove prendere il sentiero per ridiscendere a Fregone, che poi scopriamo ricongiungersi al percorso finale della gara. E' stato molto divertente scendere insieme, come fosse stato un trail autogestito. La delusione dell'annullamento della gara si è dissolta, e lentamente si sono dissolte anche le nuvole, tant'è che quando siamo arrivati, c'era il sole. Il pasta party , ricco di Menabrea, si è trasformato anche nella festa di compleanno di Gianni Cimbro. Insomma, ci siamo divertiti.  E anche se non ho potuto vedere la rinomata foresta del Cansiglio, non mi sono sentito affatto "derubato" di questa aspettativa macnata. E questo grazie alla compagnia di tutti quanti.